Il mio sottomarino giallo (Narrativa) by Jón Kalman Stefánsson

Il mio sottomarino giallo (Narrativa) by Jón Kalman Stefánsson

autore:Jón Kalman Stefánsson [Stefánsson, Jón Kalman]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Iperborea
pubblicato: 2024-04-24T00:00:00+00:00


La conclusione

Definizione del termine «padre» nel dizionario dei sinonimi islandese:

Papà, antenato, Dio, precursore.

Quindi l’uomo che scende dalla Trabant sulla corte di Nes è l’antenato. È il pioniere. E Dio in persona. Come poteva andare a finire bene?

La mia testa diventa un metronomo

Bell’uomo, tuo papà, mi dice Helga che è seduta accanto a me sul muretto del cimitero insieme a qualche altro defunto, tutti curiosi di vederlo arrivare. Curiosi della vita. Di solito qui a Nes non viene mai nessuno, e meno che mai persone di altre regioni. E del resto, per quale ragione dovrebbero venire? Qui la strada finisce. Qui ci sono soltanto un po’ di agricoltura, il vento del Nord e le sterne artiche che si accaniscono contro la morte durante l’estate. E la chiesa, naturalmente, ma è raro che vi si dica messa, c’è troppo da fare. L’agnellatura in primavera, poi i lompi, le foche, c’è da sistemare le recinzioni, e poi a quel punto fa così chiaro che il mondo non sta più insieme e celebrare la messa serve a poco. Poi c’è la manutenzione dei macchinari agricoli, bisogna spostarli. Poi comincia la fienagione, e quale Dio vorrebbe vedere il suo popolo perder tempo a sentir messa in piena fienagione? D’inverno non di rado è difficile arrivare fin qui, se non proprio impossibile. Il pastore abita a Hólmavík e deve attraversare una brughiera che può essere talmente carica di neve che anche il tempo avrebbe molte difficoltà a oltrepassarla. E come se non fosse abbastanza, il pastore è originario del Sud, il che non aiuta, e una volta si è perfino candidato alle elezioni per il Partito dell’indipendenza – un pastore del genere non è che proprio attiri la gente. In sostanza: gli ospiti qui a Nes sono un grande evento, un motivo sufficiente per uscire dalle proprie sepolture.

Un bell’uomo, dice Helga, e aggiunge: Va’, adesso, vagli incontro. Percepisce probabilmente la mia esitazione, l’incertezza e i sentimenti contraddittori che si scontrano dentro di me. Su, dai, figliolo, e fa per darmi una spintarella ma dimentica di essere morta e di avere cinquecento anni mentre io sono vivo, e la sua mano mi attraversa. Piena di tempi andati che mi si depositano nel sangue.

Papà sta sulla corte accanto alla Trabant, si è stiracchiato, si è tolto gli occhiali, li infila nel collo della maglietta e si guarda intorno con aria incerta. Nessuno che lo accoglie, tranne due galline irascibili e spennacchiate che a turno gli beccano la punta delle scarpe. Nemmeno il cane ha voglia di alzarsi, resta appisolato all’ombra del muro. Finalmente la mamma della matrigna esce di casa. Con uno strofinaccio sulla spalla. E a quel punto appare il papà della matrigna sulla porta della rimessa, dove stava abbrustolendo delle pinne di foca o chissà che; il fratello esce da sotto il trattore, e la matrigna sale dal campo, dov’era andata a controllare quant’era cresciuta l’erba per capire quando cominciare a falciare. Tutti si avvicinano a papà, ciascuno dalla propria direzione, lo raggiungono lentamente, lo squadrano come per misurarlo.



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